La proliferazione dei randagi incontrollati e le conseguenti ipotesi di abbattimento, rappresentano il fallimento della prevenzione nel campo della sanità pubblica - sostiene Carlo Scotti dell'Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani, responsabile del progetto Leavet - l'emergenza randagismo è un fenomeno cronico nel nostro Paese, tanto più nel Sud, sottovalutato da decenni e ancora affidato ad una legge della prima Repubblica, la 281, che ha palesato nel tempo tutti i suoi limiti attuativi, ritardi scientifici e sprechi economici. Nel frattempo la medicina veterinaria ha fatto passi da gigante sul fronte della prevenzione e della gestione degli animali senza proprietario, elaborando studi e programmi di intervento nei canili. Tutte conquiste ignorate.
E adesso, tocca assistere a tesi da "soluzione finale" per le incapacità di amministrazioni e addetti ai lavori che non hanno mai coinvolto i medici veterinari nelle elaborazioni di piani di intervento, preferendo soluzioni "fai da te". Apprendiamo con interesse che il sottosegretario Martini intende portare avanti un piano nazionale e auspichiamo che faccia proprio il progetto Leavet, che la nostra Associazione ha presentato a Governo e Parlamento già nel 2006 e ha nuovamente illustrato al Sottosegretario Martini solo pochi giorni fa».
Il progetto mette le strutture veterinarie private, in sinergia con i Servizi Veterinari, a disposizione di
interventi di controllo e di prevenzione dell'aumento della popolazione canina perché il randagismo deve essere affrontato come un fenomeno a termine e non da perpetuare. «I fondi pubblici sprecati in anni di vacche grasse stanno finendo -conclude Scotti - il SSN ha visto tagliate dall'ultima Finanziaria le risorse destinate alla lotta al randagismo e alla prevenzione veterinaria. È ora di aggredire il problema, non c'è più tempo». L'Associazione Italiana Difesa Animali e Ambiente chiama in causa anche i prefetti.
«Sia chiaro che se in Italia si vuole seriamente affrontare la questione dei randagi oltre alle sterilizzazioni vanno costruiti almeno 500 nuovi canili pubblici su tutto il territorio nazionale che possano ospitare almeno altri 150.000 cani randagi - dice Lorenzo Croce presidente nazionale AIDAA - occorre un lavoro chiaro e semplice da realizzare sul territorio e chi meglio dei prefetti può intervenire in maniera completa? Non occorrono strumenti straordinari, la legge prevede la possibilità di nominare commissari prefettizi nei comuni dove non si riesce ad attuare gli interventi previsti dalla legge ed in particolare al sud occorre che i prefetti siano chiamati a vigilare
sugli interventi sia per le campagne di sterilizzazione, sia per il controllo dei singoli canili privati che a nostro avviso andrebbero sostituiti con almeno cinquecento nuovi canili pubblici».
Ecco in sintesi le proposte AIDAA: la mappatura provinciale dei comuni inadempienti a cura delle prefetture e un censimento dei cani randagi liberi, potere ai Prefetti di controllo e verifica, sanzioni penali e amministrative per i comuni inadempienti, realizzazione di nuovi canili e divieto di tenere un cane per almeno 10 anni per coloro riconosciuti colpevoli di abbandono. «Per quanto attiene la realizzazione dei canili - conclude Croce - i soldi potrebbero essere trovati attraverso una tassa di solidarietà una tantum da attingere alla fonte sulle scommesse degli sport che vedono la presenza di animali ed obbligando i comuni a vincolare a bilancio gli introiti delle multe contro le deiezioni dei cani che, se comminate in maniera seria e continuativa, porterebbero ad un incasso medio di oltre 40 milioni di euro l'anno, sufficienti, ad esempio, per soddisfare completamente la campagna di sterilizzazione e di realizzazione di almeno un terzo dei canili in tre anni».
E adesso, tocca assistere a tesi da "soluzione finale" per le incapacità di amministrazioni e addetti ai lavori che non hanno mai coinvolto i medici veterinari nelle elaborazioni di piani di intervento, preferendo soluzioni "fai da te". Apprendiamo con interesse che il sottosegretario Martini intende portare avanti un piano nazionale e auspichiamo che faccia proprio il progetto Leavet, che la nostra Associazione ha presentato a Governo e Parlamento già nel 2006 e ha nuovamente illustrato al Sottosegretario Martini solo pochi giorni fa».
Il progetto mette le strutture veterinarie private, in sinergia con i Servizi Veterinari, a disposizione di
interventi di controllo e di prevenzione dell'aumento della popolazione canina perché il randagismo deve essere affrontato come un fenomeno a termine e non da perpetuare. «I fondi pubblici sprecati in anni di vacche grasse stanno finendo -conclude Scotti - il SSN ha visto tagliate dall'ultima Finanziaria le risorse destinate alla lotta al randagismo e alla prevenzione veterinaria. È ora di aggredire il problema, non c'è più tempo». L'Associazione Italiana Difesa Animali e Ambiente chiama in causa anche i prefetti.
«Sia chiaro che se in Italia si vuole seriamente affrontare la questione dei randagi oltre alle sterilizzazioni vanno costruiti almeno 500 nuovi canili pubblici su tutto il territorio nazionale che possano ospitare almeno altri 150.000 cani randagi - dice Lorenzo Croce presidente nazionale AIDAA - occorre un lavoro chiaro e semplice da realizzare sul territorio e chi meglio dei prefetti può intervenire in maniera completa? Non occorrono strumenti straordinari, la legge prevede la possibilità di nominare commissari prefettizi nei comuni dove non si riesce ad attuare gli interventi previsti dalla legge ed in particolare al sud occorre che i prefetti siano chiamati a vigilare
sugli interventi sia per le campagne di sterilizzazione, sia per il controllo dei singoli canili privati che a nostro avviso andrebbero sostituiti con almeno cinquecento nuovi canili pubblici».
Ecco in sintesi le proposte AIDAA: la mappatura provinciale dei comuni inadempienti a cura delle prefetture e un censimento dei cani randagi liberi, potere ai Prefetti di controllo e verifica, sanzioni penali e amministrative per i comuni inadempienti, realizzazione di nuovi canili e divieto di tenere un cane per almeno 10 anni per coloro riconosciuti colpevoli di abbandono. «Per quanto attiene la realizzazione dei canili - conclude Croce - i soldi potrebbero essere trovati attraverso una tassa di solidarietà una tantum da attingere alla fonte sulle scommesse degli sport che vedono la presenza di animali ed obbligando i comuni a vincolare a bilancio gli introiti delle multe contro le deiezioni dei cani che, se comminate in maniera seria e continuativa, porterebbero ad un incasso medio di oltre 40 milioni di euro l'anno, sufficienti, ad esempio, per soddisfare completamente la campagna di sterilizzazione e di realizzazione di almeno un terzo dei canili in tre anni».
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